Lo ammetto, soffro di un’insana attrazione per le storie di zombie. Perché? Mai capito. Ogni volta che mi trovo ad avere a che fare con una storia di zombie mi dico “basta. Questa è l’ultima volta”, e lo dico convinta. Mi mettono ansia queste storie e poi, soprattutto di questi tempi, c’è bisogno di storie positive, allegre. Poi ecco che la vita mi mette di fronte a una nuova storia di zombie e io non so dire di no. E’ come una dipendenza. ^_^ Questa volta devo “incolpare” Elena Mandolini, l’autrice del romanzo che mi appresto a recensire oggi. Anzitutto ringrazio Elena per avermi affidato i suoi libri e la sua fiducia; non sono ancora una critica navigata, ma faccio del mio meglio per essere il più possibile obiettiva.
Ma veniamo al romanzo. Biancaneve zombie è, come si può intuire dal titolo, una rivisitazione della più classica fiaba dei Grimm. Epurata dalle atmosfere melense del film Disney, la storia di Elena presenta una Biancaneve spietata, vendicativa, perfino sensuale ma, soprattutto, molto, molto affamata.
Scheda
Titolo originale: Biancaneve Zombie
Autore: Elena Mandolini
Genere: Fantasy/Horror
Numero di pagine: 244
Prima pubblicazione: 2016
Editore: Dario Abate Editore
Lingua originale: italiano
Trama
Il bacio del principe risveglia Biancaneve dal suo sonno mortale, ma Biancaneve non è più quella di prima. La ragazza paziente e dal cuore gentile ha lasciato il posto a una creatura feroce e affamata di carne umana. Nonostante l’orrore, i sette nani non riescono ad abbandonare la loro beneamata e continuano ad amarla, proteggerla e nutrirla. Ma la perfida matrigna Grimilde è ancora viva e Biancaneve ha fame anche di vendetta.

Si risvegliò come da un incubo. Doveva per forza essere stato un incubo. Non c’era altra spiegazione. Sentiva il corpo nella sua interezza, ma non ne percepiva la mobilità, come se tutti gli arti, come se ogni parte fisica di sé si fosse fusa in unico blocco.
L’inizio del romanzo ci porta nel momento culmine della fiaba, ovvero all’avvicinarsi del principe alla tomba di cristallo di Biancaneve. E qui scopriamo che qualcosa non va: quello che dovrebbe essere il bacio del vero amore si trasforma in un abbraccio mortale, dove la carne del povero principe viene strappata a morsi e il sangue assaporato come fosse cioccolato fuso.
La vecchia Biancaneve è morta. Quello che rimane della docile, dolce e passiva principessa non è che un lontano ricordo. Al suo posto si è risvegliata una creatura la cui mente è ottenebrata da una fame disumana. Le riesce difficile emettere più di qualche parola sconnessa e si muove come se le sue ossa fossero vecchie di mille anni. Il sangue umano sembra ridarle le forze, ma deve continuare a nutrirsi se non vuole ridursi a una creatura vagante, affamata e completamente priva di umanità.
Biancaneve è condannata a una eterna non-vita e l’artefice di questa maledizione non può che essere la matrigna Grimilde, che la maltrattava fin dalla morte della prima moglie del re. Ma adesso Biancaneve non è più la ragazzina di buon cuore che era stata un tempo. Non potrebbe essere diversamente; la maledizione ha colpito anche il suo animo e l’ha resa una creatura forte e spietata. Una creatura che ora è sulle tracce di Grimilde.
Più che alla fiaba originale dei Grimm, il romanzo si allaccia al film della Disney, dove abbiamo i sette nani classici che riferiscono a Biancaneve della presunta morte della strega dopo la caduta da un dirupo. E come nel film, il principe ha un ruolo molto marginale. L’eroe maschile di Biancaneve zombie è Endor, un un licantropo bello, forte e muscoloso che il principe se lo sarebbe mangiato in un boccone, se non ci avesse già pensato la stessa Biancaneve!
Dimenticate quindi lo stile fiabesco, perché questo romanzo di Elena Mandolini ha una forte impronta dark, con scene che non esitano a virare nello splatter e dove non manca una non troppo velata sensualità.
I personaggi
Questa Biancaneve non ha nulla ha che vedere con la dolce, pudica principessa disneyana. E’ una ragazza molto più “vera” e più complessa. Il suo rapporto con i nani cambia radicalmente dopo la sua trasformazione, poiché per la prima volta li vede con gli occhi di chi sa cosa significhi trovarsi dall’altra parte della barricata, dalla parte degli spostati, dei diversi. Paradossalmente è proprio la natura da non-morta a renderla più umana di quanto non sia mai stata.
Inoltre, è una ragazza che sta sbocciando in una donna (o quanto meno, lo avrebbe fatto se non fosse rimasta vittima della maledizione). Il sangue umano le permette di mantenere il suo aspetto e la coscienza, ma tiene in vita anche quegli impulsi umani che le sconvolgono gli ormoni. Cosa comprensibile, anche vista la “figaggine” di Endor! ^_^
La Biancaneve di Elena è bellissima e sensuale e non si risparmia nell’usare il suo aspetto per raggiungere i propri scopi. Del resto, ha imparato l’arte della seduzione dalla più grande maestra che potesse avere: Grimilde.
Sebbene non appaia di persona, la perfida matrigna è una presenza costante nel romanzo, in particolare attraverso i ricordi della protagonista. La Grimilde del romanzo gode di una sensualità dirompente, pari solo alla sua ambizione e al suo sadismo. E’ una strega potente, capace di sedurre le stesse forze del male e piegarle al suo volere. Più vicina alla Melissandre de Il trono di spade che alla strega della fiaba e per questo, a mio avviso, più interessante.
I personaggi maschili sono quelli meno riusciti o quantomeno quelli che mi hanno presa di meno. Endor è simpatico ma mi è parso un po’ troppo stereotipato, troppo simile al classico “bellissimo-dal-passato-misterioso”. Inoltre, se l’autrice non avesse spostato su di lui il punto di vista, il suo essere così scostante sarebbe risultato più misterioso e il colpo di scena che lo riguarda sarebbe stato più inaspettato.

I nani mi sono sembrati poco approfonditi e la loro personalità una sorta di riassunto delle caratteristiche legate ai loro nomi (Cucciolo il più tenero, Brontolo il solito brontolone, eccetera). In questo caso l’autrice avrebbe potuto osare un po ‘ di più, magari giocando sulle sfumature, tipo un Dotto machiavellico e manipolatore, un Gongolo che si diverte a tirare scherzi crudeli agli avversari, eccetera.
Lo stile dell’autrice
Il romanzo è scritto in terza persona, con un narratore onnisciente a volte un po’ troppo intrusivo e “ballerino”. Conosciamo i pensieri di Biancaneve e degli altri personaggi ma capita che il punto di vista passi da un personaggio all’altro nello stesso paragrafo, creando un po’ di confusione.
Le scene sono a volte un po’ troppo raccontate, anche attraverso l’uso di aggettivi evanescenti come “emozionata”, “nervosa”, “stanca”; tutti aggettivi che è sempre meglio evitare, lasciando che siano le azioni a mostrare queste emozioni (ad esempio, mani che tremano, occhi che non si riescono a tenere aperti, eccetera). Questo è importante soprattutto per quanto riguarda le scene in cui Biancaneve si nutre delle sue prede: se le scene sono mostrate, diventano vivide nella mente del lettore, come se le stesse vivendo. Il raccontato, al contrario, tende ad allontanare il lettore dalla scena e si crea quel distacco che rende la lettura molto meno coinvolgente.
Mi è piaciuta molto l’idea di dare al regno di Biancaneve un nome e una cultura più definiti di quelli della storia classica, ma questi dettagli vengono forniti dal narratore esterno, che si intrufola nei pensieri dei personaggi. Anche in questo caso, invece, è sempre meglio mostrali in azione o attraverso i dialoghi. Sarà il lettore, poi, a cogliere tutte le informazioni necessarie, senza avere l’impressione che la lettura venga interrotta da uno “spiegone”.
Lo stile, quindi, si può definire acerbo. Ho notato anche parecchi refusi, cosa che mi ha stupita maggiormente, dato che nell’introduzione del romanzo si parla di editing da parte della casa editrice. Le buone idee di un autore rischiano di venire ottenebrate da uno stile incerto, motivo per cui in fase di editing è necessario prestare attenzione ai dettagli. Qualsiasi autore emergente può commettere errori (lo fanno anche quelli esperti, se è per questo ^_^) e sta alla casa editrice occuparsi di un editing che vada a limare lo stile e correggere gli errori. Ne va della loro reputazione.
Tirando le somme, quindi, Biancaneve Zombie mi è piaciuto. E’ un romanzo di avventura, con una protagonista molto lontana dallo stereotipo della principessa perfetta. Inoltre il libro può piacere a chiunque ami il brivido, ma allo stesso tempo non voglia rinunciare a una storia d’amore ironica e a suo modo (tra un morso e l’altro) molto tenera. Io avrei preferito venisse dato più spazio all’aspetto horror, ma mi rendo conto che questa è una questione di gusti personali e per un’amante delle storie zombie come me, i morsi non sono mai troppi! ^_^
Articolo apparso su Bibliotefantasy.
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